IA, in arrivo l’apocalisse per i lavoratori? Nel mirino soprattutto chi lavora nell’IT

L’intelligenza artificiale sta cancellando i ruoli entry-level nell’IT: meno assunzioni, più automazione e cresce la paura di una “jobpocalypse”.

Per anni il mondo dell’informatica è stato raccontato come una sorta di porto sicuro: bastava laurea in ingegneria o informatica e un lavoro ben pagato sembrava quasi garantito. Oggi quello schema mostra crepe evidenti. L’intelligenza artificiale non sta solo cambiando il modo di lavorare, ma sta erodendo alla base intere categorie professionali, soprattutto quelle entry-level del settore IT (quelle per cui a volte non era necessaria nemmeno una laurea per accedervi).

Addio a tante posizioni nel mondo del lavoro
IA, in arrivo l’apocalisse per i lavoratori? Nel mirino soprattutto chi lavora nell’IT – usarcinotizie.it

A lanciare l’allarme è anche la pubblicazione no profit Rest of the World, che racconta un clima sempre più teso nei campus universitari di mezzo mondo. In una prestigiosa scuola di ingegneria indiana (che offre spesso la manovalanza entry-level), uno studente riferisce che meno del 25% dei suoi circa 400 compagni di corso ha ricevuto un’offerta di lavoro. Il sentimento dominante, racconta, è il panico.

La “jobpocalypse” dell’IT: più laureati meno posti entry-level

Il termine che circola tra studenti e addetti ai lavori è eloquente: jobpocalypse. Una parola che fonde “job” e “apocalisse” e che sintetizza l’ansia collettiva per l’impatto dell’IA sul mercato del lavoro tecnologico. Dall’India alla Cina, passando per Dubai e Kenya, il copione è simile: sempre più laureati, sempre meno posti per i ruoli di ingresso (siamo dinnanzi ad una nuova classe disagiata globale?)

Il motivo è chiaro. Molte delle mansioni che tradizionalmente venivano affidate ai neolaureati – debugging, testing, manutenzione del software, scrittura di codice standard – oggi possono essere svolte in modo rapido e a basso costo da sistemi di intelligenza artificiale. Compiti ripetitivi, strutturati, “da imparare sul campo”: esattamente il tipo di lavoro che serviva per fare esperienza.

In questo caso i dati confermano che non si tratta di percezioni: secondo un report della società di venture capital SignalFire, le assunzioni globali di neolaureati da parte delle big tech sono diminuite di oltre il 50% negli ultimi tre anni. Nel 2024 c’è stata una lieve ripresa, ma solo il 7% delle nuove assunzioni ha riguardato profili junior.

Un altro dato è forse ancora più emblematico: fino al 37% dei manager interpellati dichiara di preferire l’uso dell’IA all’assunzione di un collaboratore della Generazione Z. Non per mancanza di talento, ma per una questione di costi, velocità ed efficienza (è il capitalismo, bellezza).

In India, secondo un recente report di EY, le grandi aziende di servizi informatici hanno già ridotto i ruoli base tra il 20% e il 25% proprio a causa dell’automazione. Ma il fenomeno non riguarda solo i Paesi extraeuropei: nel 2024, sulle principali piattaforme di lavoro come LinkedIn, Indeed ed Eures, si è registrato un calo del 35% delle posizioni junior nel settore tecnologico nei principali Paesi UE.

Non solo IT (ma l’IT è il primo fronte)

L’intelligenza artificiale non colpirà solo l’informatica, ma il settore IT è il primo banco di prova perché è anche il settore dove chi lavora (specie in posizioni entry-level è più facilmente rimpazzabile). Chi è all’inizio della carriera paga il prezzo più alto: meno occasioni per imparare, meno spazi per sbagliare, meno tempo per crescere.

Non è ancora un’apocalisse totale, ma il segnale è chiaro. L’IA non sta semplicemente “aiutando” il lavoro umano: lo sta ridisegnando, e chi entra ora nel mondo del lavoro dovrà farlo con aspettative, competenze e percorsi completamente diversi da quelli di appena cinque anni fa. Sarà una apocalisse verso un futuro pieno di disoccupato o solo una fase di passaggio verso un mondo del lavoro differente?

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