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L'articolo 1751 e l'indennità di cessazione

agente 1

Diversamente da quanto accadeva sotto il regime del precedente art. 1751 c.c., che riconosceva il diritto dell'agente a percepire un'indennità in ogni ipotesi di scioglimento del contratto (fino al punto di estenderla anche al caso di recesso dell'agente), limitandosi poi a rimandare, per il calcolo della stessa, agli Accordi Economici Collettivi, la nuova formulazione dell'art. 1751 c.c., di cui al Decreto Legislativo 303/1991, con la quale è stata data attuazione alla direttiva 1986/653/CEE (le cui disposizioni sono inderogabili a svantaggio dell'agente), prevede che il preponente sia obbli¬gato a corrispondere all'agente, all'atto della cessazione del rappor¬to, un'indennità di scioglimento solamente in presenza di determi¬nati presupposti.
La ragione che sta alla base di questa previsione legislativa può essere collegata al fatto che quando il rapporto di agenzia cessa, i clienti contattati, conservati o incrementati dall'agente di commercio rimangono acquisiti alla preponente, che si trova così nella possibilità di lucrare ancora ulteriori guadagni.
Secondo il codice civile la ditta preponente è tenuta a corrispondere all'agente l'indennità di scioglimento del rapporto a condizione che:
A) l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente, e/o
B) abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.
C) che il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso e soprattutto, delle provvigioni che l'agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.In sede di prima attuazione della direttiva 1986/653/CEE, il legislatore italiano aveva considerato dette condizioni tra loro alternative, con ciò sottoponendosi alla censura della Corte di Giustizia. Si rendeva così necessaria una rettifica che veniva attuata a mezzo del Decreto Legislativo 65/1999, che ha sancito la necessità che dette condizioni concorrano tra loro con¬giuntamente.
L'intenzione del legislatore, in armonia con la direttiva comunitaria 1986/653/CEE, è stata quella di introdurre un trattamento migliorativo e più vantaggioso per l'agente, soprattutto con riferimento alla fase di scioglimento del rapporto, introducendo, così, un criterio meritocratico at¬traverso cui giungere a premiare l'agente che ha effettivamente ap¬portato con la sua opera vantaggi alla ditta preponente.
È facilmente intuibile detta necessità: infatti, se è nella quasi normalità delle cose che l'agente procuri nuovi clienti al preponente e che l'agente sviluppi gli affari con i clienti esistenti, stante il carattere appunto "indennitario" della somma che gli viene riconosciuta per legge, occorre anche che il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.
In base al 2° comma dell'art. 1751 c.c., invece, l'indennità non sarà dovuta nei seguenti casi:
1) il preponente risolve il contratto per un'inadempienza imputabile all'agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto;
2) l'agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustifi¬cato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attri¬buibili all'agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell'attività;
3) previo accordo con il preponente, l'agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d'a¬genzia.
Il 5° comma dell'art. 1751 c.c. dispone poi che l'indennità dovrà essere richiesta dall'agente, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dallo scioglimento del contratto.
Una volta verificate le condizioni per ottenere o meno il riconoscimento dell'indennità, la norma ha portato una ancora più consistente innovazione al precedente regime, ponendo un limite massimo quantitativo a detta indennità. Infatti il 3° comma dell'art. 1751 c.c., prevede che "l'indennità di scioglimento non può superare una cifra equivalente ad un'inden¬nità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall'agente negli ultimi cinque anni" e, se il contratto risale a meno di cinque anni, "sulla media del periodo in questione".
Con l'entrata in vigore del D. Leg.vo 303/91, le parti sindacali rilevarono immediatamente lo sconvolgimento dei criteri della c.d. "indennità europea" rispetto agli automatismi del sistema offerto dagli Accordi Economici Collettivi, ormai consolidati anche dalla costante applicazione giurisprudenziale. Nel 1992 le Parti Sindacali, di parte datoriale e degli agenti, si sono, pertanto, incontrate per esaminare gli effetti sui vigenti A.E.C. alla luce dell'intervenuta modifica dell'art. 1751 del c.c., sottoscrivendo i c.d. "accordi ponte", il cui contenuto è stato, sostanzialmente, quello di mantenere in vita la normativa collettiva, in attesa di esaminare nel suo complesso la posizione e trovare un'adeguata soluzione al problema.
Nel 2002 le Parti Sindacali hanno affrontato il problema disciplinando una normativa mista che riprende in parte la precedente indennità di clientela e suddivide la indennità di fine rapporto in tre parti:
a) Indennità di risoluzione del rapporto; si tratta del F.I.R.R. depositato dalle preponenti presso l'ENASARCO in costanza di rapporto;
b) indennità suppletiva di clientela; si tratta della medesima indennità già prevista dai precedenti A.E.C.;
c) indennità meritocratica; si tratta di una indennità supplementare da riconoscersi all'agente allorché ricorrano le condizioni previste dall'art. 1751 c.c. che il più recente A.E.C. del commercio, stipulato nel 2009 ed integrato in data 10 marzo 2010, ha tabellato quanto alle modalità di calcolo.

Il problema della coesistenza delle norme di cui agli A.E.C. e le previsioni di cui all'art. 1751 c.c. è ancora oggi ben lungi dal trovare una soluzione.
Neppure una pronunzia della Corte di Giustizia dell'U.E., alla quale ha fatto seguito una serie di pronunzie della Corte di Cassazione, ha potuto definire compiutamente il problema.
La soluzione che ha trovato un certo seguito sia in dottrina che in parte della giurisprudenza, sembrerebbe propendere per mantenere il sistema previsto dall'A.E.C. quale minimo garantito per l'agente, non considerando l'indennità di clientela un istituto superato, sempre che con riferimento a ciascun singolo caso di scioglimen¬to del contratto non emerga che il trattamento previsto dall'art. 1751 c.c. sia, nella sua complessità, migliorativo dal punto di vita economico per l'agente, rispetto a quello previsto dalla contrattazione collettiva.

Avv. Giuseppe Sacco