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L'importanza del venditore e dell'"ultimo miglio"

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Dove sono finiti i commerciali puri, i venditori con la V maiuscola, cultori per volontà e per vocazione di quel fatidico, cruciale "ultimo miglio?".
Mi è piaciuto l'articolo di Bruno Vettore (www.brunovettore.it) apparso su un recente numero della rivista Vendere di più. Fa riferimento alla sua lettura di vari curriculum vitae arrivati alla sua azienda. Ebbene, sottolinea Vettore, è tutta una rassegna di "commercial advisor", "business developer", "account manager", esperti di quella o di quell'altra non meglio precisata branca del marketing, portatori "dell'idea giusta" per trasformare il sogno in fatturato. Peccato però che per tale effettiva trasformazione, quello che loro intendono il "lavoro sporco", lo deve fare qualcun altro.
Ma, si chiede l'autore, "dove sono finiti i commerciali puri, i venditori con la V maiuscola, cultori per volontà e per vocazione di quel fatidico, cruciale "ultimo miglio?".
In più, e questo lo aggiungo io, tanti sono bravi (ironicamente) dalla loro scrivania a dettare regole, a fare strategie di marketing, a criticare quello o quell'altro risultato di vendita.
Ma quando si tratta di alzarsi dalla sedia ed affiancare l'agente in zona, sentire e subire le lamentele della clientela, allora, e mi riferisco ai direttori commerciali, ci sentono poco.
Insomma sia chi cerca lavoro, sia chi il lavoro già ce l'ha, vuole stare "dietro le quinte" e non andare in " trincea" per "portare a casa fatturato".
In realtà l'attività del venditore, sia inquadrato come agente di commercio sia in altra forma, è il ruolo più importante, quello che veramente conta, tutto il resto è dietro, sta a corollario, a supporto.
Aggiunge Vettore: la vendita rappresenta senza ombra di dubbio il processo aziendale più critico, ma al contempo il più cruciale: è attraverso la sua azione che il prodotto intercetta il mercato e, ovviamente, in questa fase il venditore riveste un ruolo economico di primissimo ordine.
La funzione economica di una società sta in piedi grazie ai commerciali, che "spingono il carretto", se non ci fossero i venditori, le aziende produrrebbero invano, non si raggiungerebbero gli obiettivi di fatturato, non si pagherebbero gli stipendi agli operai, impiegati, ai dirigenti, le materie prime o i macchinari per produrre.
La rassegna delle banalità, ne sono consapevole. Eppure è dietro le banalità che spesso si nascondono delle verità.
Eppure, sottolinea Bruno Vettore: la vendita è prima di tutto un lavoro, anzi, un bel lavoro. Una professione che, se interpretata secondo i criteri di modernità, dinamismo, preparazione e serietà, può riservare grandi soddisfazioni sotto il profilo lavorativo, retributivo e della realizzazione personale.
Non c'è nulla di dequalificante nell'essere professionisti della vendita: tutti dovrebbero capirlo, i commerciali prima di chiunque altro.
Se è vero che, soprattutto in Italia, si risente dell'assenza di una "cultura della vendita"- peculiare nei paesi di matrice anglosassone, ad esempio - è altrettanto vero che molto spesso il venditore continua a non rendersi conto di essere un ingranaggio insostituibile della società moderna e si vede piuttosto come l'ennesima vittima della Crisi ormai assurta al rango di entità metafisica.
L'articolo termina spronando la categoria dei venditori (e quindi anche degli agenti di commercio) a essere fieri del loro importantissimo ruolo all'interno della società.
Aggiungo io che tale riconoscimento dovrebbe essere acquisito anche da parte delle mandanti, ma certamente anche sugli agenti ricade il compito di far valorizzare la propria professione.

Maurizio Carrara